Questa pagina costituisce materiale di approfondimento del libro La NostraCostituzione.it, Paoline Editoriale Libri
Questa pagina costituisce materiale di approfondimento del libro La NostraCostituzione.it, Paoline Editoriale Libri
Il 2 giugno 1946 si sono tenute le prime elezioni libere dal 1924. Sono stati chiamati a votare tutti i cittadini italiani – all’epoca d’età superiore a 21 anni – di ambo i sessi. Agli elettori furono consegnate due schede: una per la scelta tra monarchia e repubblica – il cosiddetto Referendum istituzionale -, l’altra per l’elezione dei dei deputati dell’Assemblea Costituente, a cui sarebbe stato affidato il compito di redigere la nuova carta costituzionale, come stabilito con il Decreto legislativo luogotenenziale n. 98 del 16 marzo 1946.
Il meccanismo elettorale dell’Assemblea Costituente era proporzionale a liste concorrenti in 32 collegi elettorali plurinominali. La legge elettorale prevedeva l’elezione di 573 deputati, ma le elezioni non si poterono svolgere nelle province di Bolzano, Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Zara.
Risultarono quindi eletti, in seguito alle elezioni, 556 costituenti tra cui 21 donne.
I tre maggiori raggruppamenti furono quello della Democrazia Cristiana, che ottenne 207 seggi, quello del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, che ne ottenne 115, e quello del Partito Comunista Italiano, che ne ottenne 104.
Il 25 giugno 1946 venne insediata l’Assemblea Costituente con Giuseppe Saragat alla presidenza. Come suo primo atto, il 28 giugno elesse come Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola. Su 504 votanti, De Nicola (PLI) ottenne 396 voti, Cipriano Facchinetti (PRI) 40, Ottavia Penna Buscemi (UQ) 32, Vittorio Emanuele Orlando (sin.storica) 12, Carlo Sforza (PRI) 2, Alcide De Gasperi (DC) 1, Alfredo Proja (DC) 1. Le schede bianche furono 14, le nulle 6.
Come previsto dal Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 98/1946, l’Assemblea aveva innanzitutto il compito di redigere la nuova costituzione. Essa, però, aveva anche altri tre compiti: votare la fiducia al governo, approvare le leggi di bilancio e ratificare i trattati internazionali. Le funzioni legislative erano formalmente assegnate al Governo, ma in virtù delle tradizioni parlamentari prefasciste questo rimise spesso i provvedimenti legislativi più importanti all’Assemblea Costituente.
I lavori della Costituente avrebbero dovuto avere una durata di otto mesi, con una possibile proroga di non oltre quattro mesi[10]. Tale termine era a contarsi dalla prima seduta del 25 giugno 1946 e scadeva, quindi, il 24 febbraio 1947. Si fece allora uso della facoltà di proroga con legge costituzionale e il termine fu spostato al 24 giugno del 1947. Il nuovo termine si rivelò comunque insufficiente e una nuova legge costituzionale[12] approvata dalla stessa Assemblea Costituente lo spostò ulteriormente al 31 dicembre 1947.
Un’ulteriore proroga fino al 31 gennaio del 1948 era contenuta nella XVII disposizione transitoria e finale della Costituzione, ma limitatamente all’emanazione della legge sulla stampa, degli Statuti regionali speciali e della legge elettorale per il Senato della Repubblica e fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere in altri casi.
I lavori furono regolati dai Regolamenti della Camera prefascisti, ma con varianti ammesse dalla Presidenza in considerazione della specificità dell’oggetto. Una di esse fu la votazione per princìpi, con cui si accorpavano le proposte per materia e si votavano per blocchi omogenei (ad esempio: il bicameralismo o il monocameralismo), andando poi a dettagliare con le votazioni sulle varianti interne all’opzione risultata vincente (es. bicameralismo perfetto o imperfetto).
Un’altra decisione fu quella di non inserire nel testo determinate materie, ma di orientarne l’interpretazione attraverso ordini del giorno: ad esempio l’Assemblea Costituente manifestò, con l’approvazione dell’ordine del giorno Giolitti, il favore per il sistema proporzionale nell’elezione dei membri della Camera dei deputati, nella seduta dell’Assemblea del 23 settembre 1947; “nella seduta dell’Assemblea del 7 ottobre 1947 sarebbe poi stato approvato anche l’ordine del giorno Nitti, che prevedeva il suffragio universale e diretto, con il sistema del collegio uninominale per l’elezione del Senato”.
L’ordine del giorno era anche lo strumento per orientare il seguito dei lavori, ma era meno impegnativo dell’approvazione per princìpi e si prestata quindi a restare, in tutto o in parte, inadempiuto: è quello che sarebbe avvenuto con l’approvazione da parte della seconda Sottocommissione dei 75, nel settembre del 1946, dell’ordine del giorno Perassi. Con esso, in una fase iniziale dei lavori della Costituente, esclusa la forma del governo presidenziale, ci si pronunciava “per l’adozione del sistema parlamentare da disciplinarsi, tuttavia con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo”; in seguito, però, “non passò la proposta di Mortati di una durata almeno biennale dei governi, né quella di Tosato che anticipava la formula della sfiducia costruttiva adottata qualche anno dopo nella Legge fondamentale tedesca. Tutto il funzionamento della nostra forma di governo veniva lasciato al comportamento dei partiti”.
Giuseppe Saragat, (PSIUP) Dal 25 giugno 1946 al 6 febbraio 1947
Umberto Terracini, (PCI) Dall’8 febbraio 1947 al 31 gennaio 1948
Fonte rielaborata wikipedia
Per maggiori approfondimenti consulta l’archivio storico della Camera dei Deputati
Fonte: http://storia.camera.it